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SAN MARTINO DI CASTROZZA. Sono arrivati i carabinieri, col custode giudiziario, a portargli via le chiavi dell’albergo.

Così, una decina di giorni fa, è finito il “sogno” di Sergio Taufer che nel 2002 aveva comprato con la famiglia l’Hotel Stalon, investendo centinaia di migliaia di euro in un tre stelle dotato di 32 camere e 69 posti letto.

All’asta è finito quel sogno, per non essere riuscito a ripagare i debiti contratti già dai primi anni Duemila con la banca del territorio.

La storia di Taufer è molto simile a quella di un altro suo collega della stessa località, che però non dispera ancora di riuscire a salvare la propria struttura: e per questo chiede di restare nell’anonimato.

Ma è anche uguale, o quasi, a quella di decine di albergatori, negli ultimi anni finiti all’angolo per aver fatto magari il passo più lungo della gamba, senza però che nessuno (in molti casi) fornisse loro le necessarie e giuste consulenze.

Incontriamo Taufer e il suo collega sui prati della località Col, da cui si domina con l’occhio la storica stazione turistica: questa estate tra Fiera di Primiero, San Martino e Passo Rolle ci sono almeno otto strutture alberghiere chiuse.

A San Martino gli hotel sono una quarantina, i tre quarti dei quali in mano a famiglie del posto.

Ma la crisi morde, e proprio questa è considerata una delle località più a rischio di “svendita”.

Sabato scorso, sull’Adige, a lanciare l’allarme – parlando di “situazione gravissima” del comparto – era stato Emilio Scola, che con i “Professionisti del debito” gestisce proprio situazioni patrimoniali compromesse, cercando di salvare almeno parzialmente immobili e debitori.

I due imprenditori primierotti, raccontando le proprie storie, confermano.

I loro alberghi sono stati comprati alle rispettive aste giudiziarie a fine aprile scorso dalla stessa società, che dovrà saldare il dovuto entro fine settembre.

Ma i guai erano iniziati molti anni prima.

«Quando ho comprato l’hotel, 19 anni fa – racconta Taufer – il commercialista che mi seguiva mi disse di non fare una Srl, perché sarebbe costata di più dal punto di vista gestionale rispetto a una Snc».

L’imprenditore fece quindi una società in nome collettivo.

Ma, oltre ai costi, c’era una non irrilevante differenza nella scelta della forma giuridica: in caso di fallimento o gravi difficoltà finanziarie, i creditori di una srl possono rivalersi solo sui mezzi conferiti in azienda (beni immobili e beni mobili).

Nel caso della snc, possono invece farlo su tutto il patrimonio personale dei soci (anche casa, altri immobili, stipendi…).

Taufer investì nello Stalon qualcosa come 1,5 milioni per l’acquisto e altri 2,8 per la ristrutturazione.

Dalla Provincia arrivarono circa 350 mila euro, il resto da mezzi propri e dalla banca tramite un finanziamento a ingente: «Quando mi chiusero le linee di credito, avevo accumulato un debito di 2,1 milioni, salito contando gli interessi a 2,770. Ma il mutuo residuo era di 700 mila euro», racconta l’albergatore.

Il suo collega ha una storia simile, con cifre un po’ diverse.

Dice: «Noi ci prendiamo il nostro 50% di responsabilità. Avremo anche fatto valutazioni sbagliate, forse non siamo stati in grado di condurre al meglio le nostre strutture. Ma il sistema creditizio deve assumersi l’altro 50% di colpe: una banca del territorio deve essere capace di aiutare un imprenditore locale in difficoltà.

La soluzione non può essere solo far crescere il credito e poi, quando ormai è deteriorato, cederlo».

Entrambi gli albergatori raccontano di aver cercato invano soluzioni al di fuori dell’esecuzione immobiliare: «Con la banca sembrava possibile un accordo – spiega uno dei due -, ma sul più bello mi telefonarono dicendomi che non potevano più fare nulla, perché il mio credito doveva essere ceduto… Prima è toccato alle imprese edili, poi agli artigiani e quindi agli hotel».

«L’istituto di credito non ha mai guardato i bilanci delle nostre aziende, non ci ha mai detto se avremmo potuto sostenere il debito fatto. Ci ha sempre e solo chiesto cosa avevamo da dare a garanzia dei prestiti concessi, qual era il nostro patrimonio.

I bilanci ce li hanno analizzati poi altri istituti di credito e altri professionisti, arrivando alla conclusione che non avremmo mai potuto uscire da questa situazione. Ci hanno aperto gli occhi, ma non qui».

Nel 2019, con la cessione dei crediti deteriorati a una società milanese, le porte si sono definitivamente chiuse: perché quello è “un mercato dei soldi” in cui intervengono anche fondi esteri, ha spiegato Emilio Scola parlando di alberghi all’asta e di un sistema finanziario che non fa più sconti.

Il 14 marzo 2019, sulla Gazzetta ufficiale compariva un avviso: Nepal srl, società “veicolo” per la cartolarizzazione dei crediti, comunicava di aver stipulato 22 contratti a Londra, il 7 marzo 2019, con altrettanti Istituti di credito cooperativo di tutta Italia, tra cui sei Rurali trentine e Ccb.

Ventidue contratti per portafogli di crediti pecuniari deteriorati (Npl, non performing loans), comprati insieme a privilegi e garanzie reali e personali prestate dai debitori, conferendo poi incarico a Guber Banca spa «di provvedere all’incasso e al recupero delle somme dovute e dei servizi di cassa e di pagamento, nonché all’eventuale escussione delle garanzie in caso di inadempimento, nel rispetto delle previsioni dei contratti».

In questi pacchetti c’erano anche i crediti e le garanzie riconducibili ai due albergatori di San Martino.

Ma chi c’è dietro a Nepal srl? La società è stata costituita l’11 febbraio 2019 (24 giorni prima della firma dei contratti londinesi) con un capitale sociale di 10.000 euro detenuto da 130 Trust Company srl.

A sua volta, questa società, che ha sede allo stesso indirizzo meneghino della Nepal (via S. Prospero 4) e ha identico capitale sociale, ma è stata fondata nel 2013, è totalmente in mano alla srl Centrotrenta Management che ha invece centomila euro di capitale sociale. Curioso l’indirizzo a cui è legalmente domiciliato il presidente del suo Cda: viale Famagosta 4, su Street View di Google corrispondente a un fatiscente edificio popolare.

Tutti gli altri amministratori, invece, risultano domiciliati in via San Prospero 4.

Ma di chi è Centotrenta Management srl? Costituita il 19 marzo 2001, con sede sempre in via san Prospero 4, ha un capitale sociale di centomila euro ripartito equamente tra Alessandra Francesca Boselli e Maria Elisabetta Piera Birondi, che tramite questa società e personalmente controllano al 100% la Centotrenta Servicing spa.

Altro, sulle due socie, non è dato sapere.

Guber Banca spa, invece (incaricata da Nepal di andare all’incasso), fino al 2018 si chiamava Guber spa. Fondata nel 1991 da Gianluigi Bertini e Francesco Guarneri, specializzata nella gestione dei “crediti problematici”, come vengono definiti sul suo sito Internet, in quell’anno è stata autorizzata dalla Banca Centrale Europea ad operare come istituto di credito e ora è uno dei principali attori del mercato italiano nel campo dei recuperi. Ha un capitale di 10.200.000 euro. 



 

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