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«Un’azienda su tre nel Torinese è nel commercio o, più in particolare, legata al turismo. Un lavoratore su quattro, almeno, lavora in questi settori, quindi noi rappresentiamo un forte valore economico». È presto inquadrato dal presidente di Confesercenti Torino, Giancarlo Banchieri il “volano” rappresentato da quelli che vengono volgarmente chiamati negozi e, sempre più spesso, rappresentano vere e proprie microimprese commerciali. Alle prese, però, con un sistema e delle regole che, non sempre sembrano capirne l’importanza e , se non meno ancora, valorizzarle.

Presidente Banchieri, il commercio, si può dire, non è solo mero profitto…
«Tutt’altro, abbiamo anche una valenza sociale ed è per questo che l’Europa, prima ancora dei nostri politici, dovrebbe rendersene conto».

L’Europa? E in che modo?
«Attivando un fondo come quello per l’agricoltura, va fatto lo stesso per le imprese commerciali. Allora sì che, poi, arriverebbero i soldi per aiutare le imprese commerciali magari a pagare l’affitto, piuttosto che le utenze. E non i soliti “bonus” in emergenza».

E, al di là di questo, a cosa servirebbero questi soldi?
«A garantire una formazione vera, ad esempio, per dare spazio e vigore alle progettualità e trovare soluzioni che il web, ancora, non ti può offrire».

Abbiamo toccato il “tasto dolente” mi pare. La concorrenza è così spietata?
«È inquietante perché stiamo andando verso una forma di “monopolio” non dichiarato. Penso a colossi come Amazon che arriva ad avere una forza e condizioni che nessuno è mai riuscito ad avere. Se oggi può darti il vantaggio della probabilità dell’euro in meno, un domani quando arriverà la concorrenza su tutto, voglio vedere come si tornerà indietro…»

A proposito di passato, Torino non rischia di rimanere troppo agganciata alla Fiat e poco propensa a sfruttrare le “leve” del futuro?
«Noi dobbiamo assolutamente far convivere più vocazioni in questo territorio, perché questo territorio non può avere una vocazione unica come è stata la nostra. E, quindi, dobbiamo cercare di mantenere il più possibile la manifattura, perché è un aspetto importante che crea valore, sviluppo, ricerca, costruire lavoro ma, allo stesso tempo dobbiamo sapere che non sarà più sufficiente mentre altri settori hanno possibilità di crescere».

Il turismo è una di queste?
«Sicuramente. Perché ha avuto uno sviluppo in questi anni ma, secondo me, ha ancora enormi margini di crescita».

Nel concreto?
«Faccio un esempio. Solo nella città di Torino dalla “tassa di soggiorno” entrano 10 milioni di euro, altri 9,8 milioni di euro dalle imposte sul “suolo pubblico” e 5 o 6 milioni di euro dai “dehors”. Il conto è presto fatto. Ma non credo che Torino reinvesta tutti quei soldi sul settore, nella promozione o negli eventi, E, quindi, il turismo è ancora un settore che genera utili anche pubblici, non solo profitti per i privati».

Servono più investimenti?
«Certo, vale ancora di più oggi la pensa di investire in questo settore, perché è un settore che, se cresce ancora, può creare posti di lavoro, creare nuove imprese, nuove professionalità, ma anche far fare incassare di più al pubblico. Già oggi è un settore in crescita, però è un settore che secondo me ha bisogno di tre “correttivi” almeno…»

Quali?
«Da un lato, alcuni interventi strutturali sulla gestione del “centro turistico”, ad esempio, favorendo fiere e mercati come in altre città. Poi, certamente, manca un centro congressi di livello, con lo spazio adeguato per avere grandi appuntamenti con numeri e ricadute importanti. E poi l’aeroporto che è sì cresciuto negli ultimi anni ma è ben lontano, a mio modo di vedere, dal potenziale che potrebbe esprimere: ci sono stati investimenti ma manca ancora una forte immagine attrattiva».
Anche il turismo, però, fa i conti con Internet. Il fenomeno dei “B&b” e degli “affitti brevi” è concorrenza?
«E’ un fenomeno legittimo ma che deve essere regolato, perché altrimenti rischia di crescere in maniera abnorme e “spegnere” letteralmente il centro delle città…»

In che senso?
«Facendo sparire residenti e studenti, ad esempio, basti pensare a quanti proprietari di appartamenti li hanno convertiti da alloggi in locazione ad “affitti brevi”. Torino non può perdere questa sua particolarità perché, qui, il turista vuole ancora immergersi nella vità della città».

E come si risponde a questo genere di fenomeno?
«Regolando queste attività come un’attività imprenditoriale e collaterale alle altre. Non possono diventare “alberghi mascherati”».

Nel pratico, come si potrebbero regolamentare meglio?
«Immaginando, per esempio, autorizzazioni temporanee per un numero preciso di giorni all’anno, in modo da spianare l’attività ricettiva tradizionale nel resto del tempo».



 

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