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Assegno di mantenimento, lo perdi se lavori part-time quando invece potresti lavorare a tempo pieno: sentenza Cassazione #finsubito prestito immediato


La giurisprudenza in materia di assegno di mantenimento è piuttosto nutrita, segno di una elevata conflittualità sull’argomento.
Di recente, la Corte di Cassazione si è pronunciata su una particolare questione, ovvero quella dell’ex coniuge titolare di un contratto di lavoro part-time. Nel caso di specie, si discuteva della legittimazione della donna, titolare appunto di tale contratto, a beneficiare dell’assegno di mantenimento. La Cassazione, con l’ordinanza n. 5242/2024, ha fornito alcuni chiarimenti in materia.
Pertanto, solamente al coniuge cui non venga addebitata la separazione e che non abbia redditi propri sufficienti per conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, spetterà il diritto previsto al comma 1. Diversamente, se la separazione è addebitata a entrambi, nessuno dei due avrà diritto all’assegno, indipendentemente dalla circostanza che la separazione sia stata o meno addebitata all’altro coniuge.

Nell’ordinanza citata, gli ermellini hanno sottolineato l’importanza dell’impegno individuale da parte del coniuge separato nel generare un reddito proprio, al fine di ottenere un’indipendenza economica. La Cassazione, quindi, ha affermato che non si può dipendere in modo indefinito dall’assegno di mantenimento e che, qualora il coniuge sia in grado di lavorare, ha l’obbligo di trovare un’occupazione, generando così un reddito.
I giudici hanno quindi stabilito che non è previsto alcun diritto all’assegno per chi, pur avendo le competenze e l’esperienza necessarie per lavorare a tempo pieno e pur avendo tempo a disposizione per farlo, sceglie di mantenere un lavoro part time con un reddito ridotto.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, la richiedente era una donna laureata che, nonostante avesse figli ormai adulti, aveva deciso di non lavorare a tempo pieno.
Tuttavia, secondo giurisprudenza di legittimità consolidata, l’assegno di mantenimento spetta al coniuge che, senza colpa, si trova nell’impossibilità oggettiva di mantenersi autonomamente e in una condizione economica inferiore rispetto all’altro. Inoltre, è necessario che questa situazione economica deteriore non sia dovuta a decisioni personali che abbiano ostacolato (come nel caso in esame) lo svolgimento di un’attività lavorativa a tempo pieno. Il richiedente deve quindi dimostrare di non essere responsabile del proprio stato economico, pena il rigetto della domanda.

Pertanto, l’assegno di mantenimento non è riconosciuto a chi, pur trovandosi in difficoltà economiche, ha la possibilità di lavorare e non lo fa per scelta personale o mancanza di impegno, come nella vicenda oggetto dell’ordinanza in commento. Infatti, la Cassazione ha rilevato che la decisione della moglie di mantenere un orario part time era una scelta esclusivamente personale, non influenzata né dal matrimonio né dalla separazione. Di conseguenza, l’assegno le è stato negato.
In conclusione, il diritto al mantenimento sorge quando uno dei coniugi non è in grado di mantenersi autonomamente. Passando al caso in esame, la donna avrebbe potuto beneficiare di tale diritto qualora l’attività lavorativa part time non fosse stata sufficiente per permetterle di condurre una vita dignitosa. Ciò però non basta, in quanto, secondo la giurisprudenza, è altresì necessario dimostrare che la scelta di lavorare part time è stata assunta per dedicarsi alla cura della famiglia e della casa.

Nel caso in questione, però, la richiedente non è stata in grado di provare che la scelta di lavorare part time fosse dovuta a necessità familiari, dato che i figli erano ormai adulti.
Per ottenere il diritto al mantenimento in caso di lavoro part time, è necessario dimostrare che la riduzione delle ore lavorative sia stata decisa in accordo con il marito, per gestire la casa e la famiglia. In particolare, questo accordo può essere provato attraverso documenti o testimonianze di parenti e amici.





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