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Pesca italiana sul lastrico: demolizione pescherecci d’altura entro il 2030 #finsubito prestito immediato


Un solo fine quello dell’Unione Europea e del Ministero dell’Agricoltura, Sovranità Alimentare e Foreste: “raggiungere il conseguimento degli obiettivi di riduzione della capacità di pesca della flotta italiana.” L’azione partita già qualche tempo fa è stata messa in campo dall’UE così da garantire “la pesca sostenibile nel Mediterraneo insieme al ripristino e conservazione delle risorse biologiche marine” e per far questo l’istituzione, da qui al 2030, intende dare una forte limitazione alla pesca a strascico e volante. Proprio attraverso il decreto 319453 del 17 luglio 2024 il MASAF ha invitato armatori e società di pesca a presentare, entro il 30 settembre 2024, richiesta di contributo economico per “l’arresto definitivo delle attività di pesca” ovvero la demolizione dei pescherecci appartenenti alla flotta Mediterranea. Attraverso fonti certe del Ministero iniziano a trapelare i primi dati su coloro i quali sono investiti da questa misura ovvero i pescherecci a strascico e volanti che in Italia rappresentano il 50% dei ricavi totali ed il 20% dell’intera flotta, pari a circa 2500 natanti. Su quest’ultimi, hanno presentato richiesta di sovvenzione economica per demolizione dell’imbarcazione, in circa 1000.

Un dato davvero preoccupante, sicuramente sopra le aspettative a conferma della popolarità di questa misura che però si dimostra un segnale ed una spia sulle difficoltà che stanno affliggendo i pescatori italiani. È pur vero che non tutti vedranno accetatta la richiesta in quanto il Ministero redigerà una graduatoria e accetterà le domande fino ad esaurimento fondi (74 milioni di euro) e quindi, considerando la media di circa 300 mila euro di contributo ad imbarcazione così come è stato negli scorsi anni, saranno circa 250 le attività di pesca che chiuderanno definitivamente i battenti nel 2024. Non considerando che nei prossimi anni sono previsti altri finanziamenti di questo genere. A Mazara del Vallo, in un tempo ormai lontano primo porto peschereccio d’Italia, su circa 90 imbarcazioni d’altura in 20 hanno presentato domanda mentre a Sciacca, altro importante porto siciliano, su 100 hanno presentato in 60 natanti la richiesta di demolizione.

Aldilà delle richieste che effettivamente avranno esito positivo, viste la mole di quelle presentate, è da non sottovalutare la volontà degli armatori che non riescono più a destreggiarsi in questo mondo, quello della pesca, sempre più complicato. Il bando in questione rappresenta già un problema perchè gli stessi soldi, per esempio, potrebbero essere utilizzati per l’ammodernamento motori. In una battuta di pesca d’altura a Gambero Rosso che dura circa 30 giorni, come racconta un armatore di Mazara del Vallo, il carburante ammonta ad una spesa pari a circa 40 mila euro. I giorni di pesca, nel tempo, si sono sempre più ridotti e sono circa 130 all’anno e a questo si aggiunge il restringimento delle aree di pesca nel Mediterraneo. Ma non finisce qui, perchè bisogna fare i conti con gli Stati extra Ue (vedi la Libia) che, a differenza nostra, non rispettano nessun tipo di regolamento creando quindi una concorrenza sleale. Per non dimenticare che i pescatori italiani vanno in mare mettendo al rischio la propria vita con i libici che mitragliano continuamente i nostri natanti arrivando addirittura a sequestrali ed in questo ci fanno memoria proprio i pescatori di Mazara sequestrati per 108 giorni nello scorso settembre 2020.

Non è più sostenibile – afferma l’esperto Giuseppe Messina – una politica europea che non tutela i nostri pescatori che quotidianamente affrontano un Mediterraneo parcellizzato. L’Italia, dal canto suo, deve affrettarsi, per esempio, a firmare e decretare la Zona Economica Esclusiva che attendiamo da decenni.”

Come suggerisce anche Gilberto Ferrari Direttore Generale di Confcooperative Pesca “è necessario invertire la rotta della Politica Comune della Pesca con un nuovo patto. Non si può competere nel Mediterraneo con chi ha come obiettivo la massima occupazione. Inoltre la sostenibilità ha varie componenti ed in questi anni i nostri pescatori hanno conosciuto solo quella ambientale, senza peraltro comprenderne il motivo visto che ciò che, giorno dopo giorno, veniva loro proibito, agli altri (Paesi extra-Ue) rimaneva concesso.”

Insomma, stando così le cose, bisogna tenersi pronti ad un futuro ormai imminente dove il pescato italiano non rappresenterà più un eccellenza per il nostro Paese ma solo un gran bel ricordo.

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