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“Doveva cambiare vita, la nostra non faceva per lui” #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


“Venne utilizzato per le estorsioni per 6/7 mesi ma non ha mai fatto parte del clan anzi quella vita non faceva per lui. Quando arrestarono Francesco Piccolo, Gaetano capì che quella non era la vita per lui e che doveva mettersi a lavorare. Io volevo che lavorava e che non faceva quella vita, la nostra non faceva per lui”.

Sono le dichiarazioni rese dal pentito Agostino Piccolo nel processo in Appello per gli affiliati e fiancheggiatori del clan Piccolo-Letizia, meglio noto come dei Quaqquaroni, per le estorsioni a commercianti e imprenditori nelle zone di Marcianise con l’aggravante dell’agevolazione del clan camorristico. Una testimonianza quella del collaboratore di giustizia Piccolo, imprenditore ritenuto a capo delle nuove leve del sodalizio, sulla posizione di Gaetano Monica, richiesta dai giudici della prima sezione della Corte di Appello di Napoli.

In pratica il procuratore generale vuole vederci chiaro sulla posizione dell’imputato facendo riferimento alla sentenza di primo grado in abbreviato dove Monica venne assolto per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, incassando 13 anni e 4 mesi di reclusione per le estorsioni. Piccolo ha spiegato la natura del legame con il coimputato, essendo il cugino della madre e che benchè fosse stato utilizzato negli episodi estorsivi c’era la sua volontà di tenere fuori l’amico dalle vicende del sodalizio criminale. Si torna in aula nel mese di novembre per la requisitoria del Procuratore Generale.

Sono finiti sotto processo Gaetano Monica, il collaboratore di giustizia Agostino Piccolo, Salvatore Letizia, Amedeo Belvisto, Pasquale Regino, il meccanico Antonio Ottavio Sorbo. Secondo quanto è emerso dalle indagini della Dda partenopea Agostino Piccolo avrebbe fornito indicazioni su commercianti da taglieggiare. Incarico, quello di richiedere le estorsione che andava eseguito da Francesco Piccolo, poi deceduto, e Gaetano Monica.

Il biglietto da visita degli estorsori ai commercianti era sempre il medesimo: “Sono il compariello di Agostino”. Chi non pagava subiva intimidazioni. E’ accaduto al titolare di una concessionaria d’auto che rifiutò di pagare la tangente al clan e si ritrovò con la vetrina del locale commerciale infranta a suon di pallottole. Non solo contanti. Le tangenti spesso erano riscosse anche in merce come nel caso del titolare di un negozio di calzature che ‘pagava’ il clan con scarpe griffate o come il titolare di un auto salone che ‘consegnava’ vetture agli esattori della consorteria criminale.

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Nel mirino del clan dei Quaqquaroni anche una ditta di raccolta e smaltimento rifiuti che per 3 anni pagò rate di 3mlia euro, sempre a ridosso delle festività. In primo grado sono stati inflitti 13 anni e 4 mesi di reclusione per Gaetano Monica per le estorsioni; 12 anni per l’imprenditore pentito Agostino Piccolo; 8 anni e 6 mesi per Salvatore Letizia; 10 anni per Amedeo Belvisto; 8 anni per Pasquale Regino; 4 anni per Antonio Ottavio Sorbo a cui sono state concesse le attenuanti generiche per il contributo fornito in misura equivalente all’aggravante mafiosa che è così caduta.

Nel collegio difensivo sono impegnati gli avvocati Giuseppe Tessitore, Francesco Liguori, Pasquale Barbato, Domenico Esposito.



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