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Roma, passeggera 68enne «espulsa» dalla calca sul bus vola sull’asfalto e si frattura la schiena. «L’autista non si è fermato» #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


di
Erica Dellapasqua

L’incidente sulla linea Atac «20» in via Ciamarra, a Cinecittà: la donna, dottoressa al San Camillo, portata in ospedale con una vertebra rotta. «Ero a terra e nessuno mi ha soccorso»

E’ caduta dall’autobus troppo pieno, di schiena. Tutti spingevano e lei, già  a ridosso delle porte, pigiata contro le maniglie di ferro e il vetro dell’uscita posteriore, quando il mezzo si è fermato è stata scaraventata giù, dalla calca che le si è riversata addosso sovrastandola e facendole perdere l’equilibrio. Si è ritrovata in strada, sotto il brutto acquazzone di lunedì 7 ottobre, con gli occhi al cielo e il vuoto intorno, e in lontananza la prospettiva del bus che si era già fatto più piccolo, dopo aver ripreso la sua corsa.

Un’immagine che i romani e i pendolari si vedono sfilare spesso davanti, i bus strapieni su cui diventa un’impresa salire ma che alla fine vengono comunque presi d’assalto, vista la penuria di corse e di alternative, in una città dove il trasporto pubblico ha mille problemi.




















































La signora Gelsomina ha 68, è dottoressa – ginecologa – all’ospedale San Camillo e ora si trova allettata a causa della frattura della prima vertebra lombare. Trenta giorni di prognosi. Per fortuna frattura composta, è emerso dalla risonanza, una magra consolazione che comunque la aiuta in questi giorni difficili, in cui non può muoversi e, per alzarsi, deve indossare un busto.

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La calca a bordo

Gelsomina, che ha un figlio grande, quella mattina si stava spostando da sola nel quartiere di Cinecittà per recuperare l’auto dal carrozziere. «Non sono solita spostarmi coi mezzi ma quel giorno non avevo alternativa – racconta, ancora scossa e anche un po’ dispiaciuta per l’indifferenza con cui si è sentita trattata –. Avrei dovuto prendere il 20, che collega Torre Angela a Anagnina, una linea che so essere frequentata da molti studenti. Ho atteso circa venti minuti alla fermata, in via Ciamarra/Leonardi, e quando è arrivato il bus era già pieno. Ci siamo stretti per salire, io alla fine sono rimasta pressata contro la porta quando il bus è ripartito ma non potevo aspettarne uno successivo, c’era brutto tempo e poi chissà quando sarebbe passato».

Così Gelsomina è salita e ha percorso a bordo qualche centinaio di metri, fino alla fermata successiva. «Ho capito che la massa a bordo stava premendo contro di me, ho cercato di tenermi ma quando il bus ha cominciato a frenare le porte si sono subito aperte e io, in un secondo, mi sono ritrovata a terra: ho capito solo di aver battuto violentemente la schiena, mi sentivo immobilizzata. Ho pensato che sarei potuta anche morire, o comunque restare paralizzata».

«Espulsa dal bus»

La caduta, la pioggia, lo choc. Uno studente, quello che è sceso alla stessa fermata di Gelsomina, si è fermato e ha chiamato il 118: «Lui è stato gentile, chiedendomi se avevo bisogno di aiuto, ma solo lui. Mi ha colpito il fatto che nessun altro si sia soffermato su di me, neppure l’autista. Mi chiedo: possibile che, anche se non si è accorto della mia caduta e del fatto che fossi rimasta stesa interra, nessuno a bordo gli abbia detto di fermarsi? Era strapieno di persone…»

L’indifferenza della gente

Gelsomina alla fine non se l’è sentita di formalizzare tutto in una denuncia. Però ha voluto interpellare Atac, tramite il profilo infoAtac riservato agli utenti: «Buongiorno – ha riassunto per iscritto per lasciare almeno una traccia di questa brutta vicenda e del trauma che ha vissuto – vorrei riferire di un grave episodio successo questa mattina intorno alle 9. Dopo una lunga attesa sono salita sull’autobus numero 20 in via Ciamarra/Leonardi. Alla fermata successiva all’apertura delle porte sono stata spinta fuori, ho perso l’equilibrio e sono caduta battendo violentemente la schiena. L’autista del mezzo non si è neanche affacciato per capire se ero morta o viva. Ha chiuso le porte ed è ripartito».

«Atac – conclude la dottoressa – mi ha risposto che avrei potuto fare una segnalazione più precisa ma ho lasciato perdere, un po’ perché ero ancora sotto choc, un po’ perché sono molto amareggiata da tutta l’indifferenza che ho respirato».

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13 ottobre 2024 ( modifica il 13 ottobre 2024 | 18:35)



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