Il 34% delle aziende italiane in Cina percepisce un miglioramento del contesto economico e solo il 28% ritiene che sia peggiorato. Le aziende cinesi in Italia riflettono – ovviamente al reciproco – un sentimento simile, ma con un’enfasi leggermente maggiore sulla stabilità: dunque, lo stato d’animo tra gli imprenditori dei due Paesi è mediamente positivo, stando alle valutazioni della fonte italiana più attendibile sulle relazioni tra il nostro Paese e la Cina. E le aziende italiane e cinesi continuano a considerare i mercati cinese e italiano, rispettivamente, come destinazioni ottimali per le loro merci. Il deterioramento complessivo delle relazioni reciproche e dell’economia cinese sarebbe insomma una fake-news. E proprio per questo la ricerca appena pubblicata per il 2024 dall’Italy China Council Foundation (ossia la storica Associazione Italia-Cina, cresciuta, ribattezzata e presieduta da Mario Boselli) è di assoluto interesse. Una ricerca ormai tradizionale, giunta alla quinta edizione, qualitativa – si articola su un questionario di 31 domande – e significativa perché rivolta a operatori davvero esperti dei reciproci mercati, per il 63% italiani e il 27% cinesi.
Dunque, la “survey” dell’Iccf fotografa una situazione di equilibrio sul fronte – eloquente! – delle attese degli imprenditori, ma è un equilibrio tendente più al rosa che al nero. Per esempio, afferma che interpellati sulle prospettive del prossimo biennio, le aziende cinesi in Italia fanno per il 70% previsioni positive, mentre le imitano solo il 47% delle imprese italiane in Cina, ma è pur sempre una metà del campione, nonostante il bombardamento di brutte notizie che sulla Cina vengono diffusa dal “main stream” e nell’altra metà non tutti vedono nero ma una buona parte prevede stabilità. Inoltre, dalla Cina all’Italia continuano ad arrivare investimenti: quel che dichiarano di star facendo il 68% delle aziende cinesi in Italia, e il 45% delle aziende italiane in Cina.
Per il 2025, l’80% delle aziende cinesi prevede un’ulteriore espansione in Italia, mentre il 68% delle aziende italiane prevede di fare lo stesso in Cina. Le aziende cinesi attribuiscono all’Italia un’importanza strategica maggiore per i loro portafogli di investimento rispetto a quelle italiane. E reciprocamente, gli imprenditori “si prendono”: quelli italiani in Cina al 37% preferiscono collaborare con le imprese cinesi, e addirittura il 47% delle aziende cinesi preferisce collaborare con le imprese italiane.
In questo quadro tutto sommato tranquillizzante… c’è un “ma”, anzi più d’uno, dovuti a fattori esterni. Vediamo quali, secondo la Survey Iccf. Circa il 30% degli intervistati di entrambe le parti ha riferito di aver riscontrato criticità operative dovute a restrizioni di mercato e barriere normative. Per le aziende cinesi in Italia i problemi più significativi sono l’aumento del costo del lavoro (70%), l’aumento dei costi di conformità (60%) e l’aumento dei prezzi delle materie prime (40%). Per le aziende italiane in Cina le sfide principali sono l’aumento del nazionalismo economico (40%), la crescente concorrenza delle imprese private cinesi (35%), le differenze culturali e linguistiche (33%) e le difficoltà nell’individuare partner locali adeguati (29%).
Di fronte alle domande più urticanti – in particolare alla richiesta di valutare i vantaggi competitivi reciproci – l’idillio si ridimensiona. Le imprese italiane sottolineano i minori costi operativi delle aziende cinesi e la competitività dei prezzi. E manifestano preoccupazione crescente per la protezione della proprietà intellettuale, che si ripercuote sulla volontà di innovare in Cina. Più incondizionatamente positivo l’atteggiamento dei cinesi sui concorrenti italiani: ne riconoscono l’alta qualità dei prodotti e dei servizi e apprezzano le forti relazioni con i clienti che le aziende italiane sanno intrattenere, oltre ai prodotti e servizi innovativi che offrono.
E sul fronte geopolitico, dove ormai i venti di guerra – se Dio vuole per ora solo commerciali – sono all’ordine del giorno? Be’, al momento sia le imprese italiane che quelle cinesi prevedono in larga misura relazioni stabili tra Unione Europea e Cina fino al 2024-2025, anche se l’ottimismo è leggermente diminuito. Le aziende sono però generalmente più ottimiste sugli investimenti cinesi in Europa, con oltre la metà che prevede un miglioramento, che non sul reciproco: il 40% degli interpellati prevede infatti un peggioramento degli investimenti europei in Cina.
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