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Visita pastorale: l’incontro dell’arcivescovo Gian Franco con il Consiglio Comunale di Torralba – Arcidiocesi di Sassari #finsubito richiedi mutuo fino 100%


Nel pomeriggio di giovedì 17 ottobre, accompagnato dal parroco don Paolo Mulas, l’arcivescovo Gian Franco ha incontrato, nell’aula consiliare del municipio, il Consiglio Comunale di Torralba. Ad accogliere l’Arcivescovo nella piazza antistante il municipio erano presenti il sindaco Pier Paolo Mulas, gli assessori, i consiglieri e i dipendenti comunali.

Di seguito riportiamo l’intervento che l’Arcivescovo ha tenuto dopo il saluto del Sindaco.

«Non posso che convenire con lei nel confermare che, da parte della comunità il messaggio è stato molto sentito. L’ho colto nell’accoglienza, sia domenica in occasione delle Cresime che in tutti gli altri appuntamenti che abbiamo condiviso in questi giorni. Questo mi fa molto piacere. Innanzitutto perché ad ogni persona fa piacere essere accolta, ma soprattutto perché è il segno di un cammino della comunità.

Tra le persone incontrate ho colto l’apprezzamento per il lavoro che il nuovo parroco porta avanti: questo incoraggia tutti, come lei, signor Sindaco, ha messo in evidenza. Abbiamo l’esigenza di lavorare nella condivisione. Nel suo intervento ha messo in rilievo che uno dei fattori della buona riuscita per perseguire gli obiettivi è proprio quello di non creare opposizioni non intelligenti. Un conto sono differenze di prospettive e di pareri, ma la condivisione degli obiettivi, dei macro-obiettivi, è un’altra cosa importante. Questo rientra in quello che è il cammino che la Chiesa sta vivendo: il sinodo. Ma non il sinodo come un evento, bensì come uno stile. Questo è l’invito del Papa: che le nostre comunità, tutte le comunità ecclesiali, riconquistino, si approprino di uno stile sinodale, cioè di quell’arte del saper camminare insieme. Lei e anche altri amministratori avete partecipato ad incontri condivisi in questo territorio per l’apertura della Visita pastorale. Sicuramente avete colto che c’è una parola che ritorna sempre: l’interparrocchialità.

L’interparrocchialità è qualcosa che occorre sempre più approfondire. Noi come arcidiocesi dedicheremo tutto l’anno, in modo particolare negli appuntamenti con i presbiteri; però il tema deve essere approfondito anche all’interno delle comunità, perché l’interparrochialità tende a non ridurre o sminuire l’identità delle parrocchie, ma a metterle in connessione con buone pratiche di condivisione. E questo fa sì che le comunità non si chiudano in sé stesse, soprattutto in un contesto come questo nel quale ci troviamo, dove la densità di popolazione è bassa. Alcuni centri vivono la crisi della natalità. Chi fa una comunità sono le persone,la comunità è fatta dalle persone, quindi tenere presente l’identità di una comunità, com’è compaginata, qual è la sua antropologia, la sua geografia antropologica, è molto importante per proporre un cammino pastorale, un cammino spirituale. Questa è la sfida del nostro tempo.

Nel testo del Messaggio alla città e al territorio che poi avrei piacere di consegnare a lei e agli altri amministratori, stiamo riflettendo sul tema dell’educare al pensiero ospitale per una cultura della pace, dell’inclusione in un contesto di cambiamento d’epoca. C’è un’ospitalità sulla quale un po’mi soffermo ogni tanto: l’ospitalità del nuovo, accogliere la novità. Che non sempre è facile, perché – e il Papa lo ricorda – a volte c’è la tentazione di dire: “ma si è fatto sempre così”. Una sorta di litania della lamentazione. Quindi è bello sentire da una giovane amministrazione che non c’è una litania della lamentazione.Questo è un segno non solo di una sana laicità, ma anche un segno di Dio, per chi crede lo ritiene un segno dello Spirito Santo, che crea armonia.

Credo che questa capacità di accogliere la novità non ignorandola oppure rinchiudendosi nel passato, nei fasti del passato, ma in modo progettuale verso il futuro, dia serenità e ci faccia sentire artigiani delle nostre comunità. È una delle nuove ministerialità, è quella degli artigiani di comunità. Oggi si parla molto in diocesi del servizio degli artigiani di comunità. Le comunità non hanno più la coesione di una volta. Vi era una coesione parentale naturale, quando in una famiglia vi erano otto figli, dieci figli, e tra parenti c’era già una sorta di tessuto naturale che si formava così. E poi vi era una coesione anche di visioni più o meno analoghe. L’aria che si respirava, l’aria culturale, aveva degli obiettivi più o meno condivisi, certamente con sfumature diverse, ma sostanzialmente si tendeva verso obiettivi più o meno condivisi. Oggi questo non è più così. E allora, ecco, fare comunità anche per una parrocchia non è dato per scontato. Non è che arriva il sacerdote, inizia la celebrazione della Messa, è fatta la comunità. Oppure, se il parroco sta in casa parrocchiale, è fatta la comunità. No, non funziona più così. Oppure, si suona la campana e tutti accorrono in chiesa. No, non è più così. E voi lo sapete molto bene. E allora, qual è la prospettiva? La prospettiva è quella di essere ospitali verso il cambiamento. E questo atteggiamento di ospitalità è un’attitudine del pensiero, è un’attitudine della mente, è una finezza dello spirito, che ci porta poi a creare momenti di sinergia, momenti propri di vita comune, del vivere insieme. Incoraggio il percorso avviato: sono felice della collaborazione tra la realtà parrocchiale e l’amministrazione per i tanti ambiti importanti in comune. Questo è un territorio ricco di chiese molto belle, di tradizioni, di esperienze: credo che questa sia una via per costruire la comunità. Questa è la sfida che oggi noi tutti abbiamo: costruire la comunità dell’oggi e del domani, superando la mentalità di vivere di rendita del passato.

La mia è una parola di ringraziamento, di incoraggiamento per tutti. C’è bisogno di camminare insieme e questo è a beneficio delle persone. Voi siete amministratori, e anche il parroco è un amministratore, come il vescovo, nel senso che amministriamo beni che non sono nostri. In una prospettiva di fede sono beni ricevuti da Dio, in una prospettiva laica sono i beni del “bene comune”. Il bene comune ci trova tutti in un punto di convergenza e quindi spendersi profondamente per questo credo che sia importante.

Grazie per questo incontro, per il bel clima che ho trovato e per le belle prospettive».



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