La norma in commento consente all’Agenzia delle Entrate di verificare se sia stata presentata la dichiarazione di aggiornamento catastale in seguito a lavori che hanno fruito delle agevolazioni “Superbonus”, anche ai fini dell’aumento della rendita degli immobili interessati. È stato quindi introdotto un criterio di priorità dei controlli nei confronti dei proprietari degli immobili che sono stati oggetto di interventi agevolati con il cosiddetto Superbonus.
Tuttavia, tale adempimento non può esser considerato una novità. È infatti dal 1939, che, quando il proprietario di un immobile effettua lavori che impattano sulla consistenza dell’unità immobiliare e ne migliora il classamento catastale, è necessario presentare una comunicazione al Catasto per la variazione di classamento. In sostanza, l’adempimento (da eseguire entro 30 giorni dalla fine lavori) impone tale variazione ogni qualvolta intervenga una mutazione nello stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l’attribuzione della categoria e della classe.
Nel tempo è stato chiarito che alcune variazioni nello stato dell’unità immobiliare possono non avere rilevanza ai fini della determinazione della consistenza e dell’assegnazione del classamento. Ad esempio, le lievi modifiche interne come lo spostamento di una porta o di un tramezzo che, pur variando la superficie utile dei vani interessati, non modificano il numero dei vani e la loro funzionalità non hanno rilevanza catastale, come pure la sostituzione di pavimenti, infissi, rifacimento bagni, adeguamento impianti o, più in generale, l’esecuzione di opere di ordinaria o straordinaria manutenzione.
Diversamente, quando si operi una redistribuzione degli spazi interni, si aprano nuove finestre in vani che ne erano privi, si doti l’unità immobiliare di ulteriori servizi igienici, o infine si modifichi l’utilizzazione di superfici scoperte, quali balconi o terrazze, occorre provvedere alla dichiarazione in catasto. In aggiunta a ciò, si ritiene utile precisare che sussiste l’obbligo di variazione catastale in aumento in caso di interventi che comportino, tra le altre cose, una miglioria di almeno il 15% del valore dell’immobile tra stato originario e stato modificato.
Da alcune stime contenute in un paper pubblicato dalla Banca d’Italia del 7 dicembre 2023, si evince che il premio medio per il passaggio dalla classe G alla classe A, al momento della vendita, è di circa il 25%. Quindi, già con un salto di tre classi c’è il rischio di sforare il già menzionato limite del 15% e di dover, pertanto, effettuare la variazione di classamento. Prendendo in considerazione quanto riportato nel paper di Banca d’Italia e trasferendo questi rapporti sui 500 mila edifici che hanno ottenuto il Superbonus fino ad oggi (in base ai dati Enea aggiornati a fine agosto), risultano circa 390 mila gli immobili sui quali i lavori hanno portato un incremento di tre livelli di efficienza e poco meno di 330 mila quelli che hanno raggiunto una crescita di quattro livelli.
In tutti questi casi la rendita, con ogni probabilità, avrebbe dovuto essere adeguata al rialzo. Nonostante queste cifre così elevate, le statistiche catastali degli ultimi mesi mostrano chiaramente che non si è verificato un aumento diffuso delle rendite che ci si sarebbe potuti aspettare; non c’è stato, cioè, l’”effetto Superbonus” sulle rendite. In altre parole, molti di coloro che avrebbero dovuto comunicare la revisione al catasto non l’hanno fatto. Da qui, il piano del Governo, che, sulla base di specifiche liste selettive elaborate grazie all’interoperabilità e all’analisi delle banche dati a disposizione, permetterà di verificare l’effettiva trasmissione all’Agenzia delle Entrate dell’aggiornamento catastale tramite la procedura Docfa.
Nei casi di selezione, ci si aspetta il recapito di lettere di compliance che invitano il contribuente a modificare la propria situazione oppure a spiegare la correttezza (dal proprio punto di vista) della condotta e dell’operato. Evidentemente, l’eventuale rialzo delle rendite catastali porterà all’immediato effetto dell’aumento dell’Imu dovuta per le seconde case. A tal proposito, giova ricordare un’altra norma (inserita nel decreto 39/2024), finora rimasta silente, che prevede la possibilità per i Comuni di accertare l’inesistenza, totale o parziale, degli interventi Superbonus, segnalando poi l’illecito all’Agenzia delle Entrate e alla Guardia di Finanza, in cambio della metà di quanto recuperato.
*Simona Zambetti, commercialista
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