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Gioie e dolori del Pnrr. Edison: No a centrali idroelettriche a gruppi esteri. Elettricità Futura a rischio spaccatura. Che c’è sui giornali #finsubito prestito immediato


La spesa del Pnrr è ferma e manca il “nuovo” Fitto, ma il FMI dà speranza. Edison: Chiudere concessioni idroelettriche a gruppi esteri. Elettricità Futura a rischio scissione. La rassegna Energia

La spesa del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è ferma ancora a un quarto del totale e il governo ancora non ha scelto il sostituto di Raffaele Fitto, recentemente nominato commissario Ue da Ursula von der Leyen. Le stime del Fondo monetario internazionale, però, alimentano le speranze per il futuro. “Si prevede che la domanda interna dell’Italia beneficerà del Pnrr”, ha previsto ieri il Fmi. Una delle maggiori fonti di energia rinnovabile in italia è in pericolo: bisogna chiudere il mercato delle centrali idroelettriche ad altri operatori esteri. L’appello arriva da Marco Stangalino, direttore Power Asset di Edison, il quale in un’intervista a La Repubblica sottolinea che la scelta di legare la concessione dei fondi Pnrr anche alla messa a bando delle centrali idroelettriche “si fatica a spiegare dal punto di vista sia della strategia energetica nazionale sia della competitività del mercato”. Elettricità Futura potrebbe spaccarsi sulla scelta del nuovo presidente dell’associazione di categoria del settore dell’energia. Il candidato principale per succedere a Agostino Re Rebaudengo è Gianni Armani, direttore di Enel Grids ed ex ad di Iren. Un nome che non piace però agli operatori dell’energia rinnovabile, in particolare, che lo considerano troppo vicino al governo. La rassegna Energia.

ENERGIA, SPESA PNRR FERMA A UN QUARTO DEL TOTALE E MANCA SOSTITUTO FITTO

La spesa del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è ferma ancora a un quarto del totale e il governo ancora non ha scelto il sostituto di Raffaele Fitto, recentemente nominato commissario Ue da Ursula von der Leyen. Le stime del Fondo monetario internazionale, però, alimentano le speranze per il futuro. “Si prevede che la domanda interna dell’Italia beneficerà del Pnrr”, ha detto ieri il Fmi.

“Per vedere il bicchiere mezzo pieno del Recovery Plan basta spingersi a Ostia, pochi chilometri a sud della Capitale. Con uno sforzo di ottimismo, il lungomare Vespucci che una volta sembrava una statale ora somiglia vagamente a certi angoli dei mari del Nord. I quasi duecento miliardi del Pnrr sono finiti anche qui, fra le spiagge libere dei cancelli e i lidi pieni di abusi edilizi: un milione e centonovantaduemila euro, uno dei tanti microcantieri che popolano il Paese. Per vedere il bicchiere mezzo pieno del Recovery Plan, basta leggere cosa scrive l’ultimo rapporto del Fondo monetario internazionale: «La persistente debolezza della manifattura pesa sulla crescita di Paesi come Germania e Italia. Tuttavia mentre si prevede che la domanda interna dell’Italia beneficerà del Pnrr, la Germania è alle prese con il consolidamento di bilancio e un calo dei prezzi immobiliari». A Berlino, dove per evitare i debiti si rimandano anche gli investimenti, il Piano vale appena trenta miliardi e la crescita è zero. Per vedere il bicchiere mezzo vuoto del Pnrr è utile leggere cosa scrive l’ultimo organismo indipendente che ha messo il naso nei numeri del più grande piano di investimenti pubblici dal Dopoguerra, l’Ufficio parlamentare di bilancio. Al 2 ottobre l’Italia aveva effettivamente speso 53,5 miliardi, un quarto di quel che dovrebbe realizzare entro la scadenza tassativa di fine 2026. Ma la cosa più preoccupante è il confronto con il monitoraggio dello scorso luglio: appena 1,3 miliardi di differenza. (…) Dice il capoeconomista di Cassa Depositi e prestiti, Andrea Montanino: «L’Italia è più avanti di altri nell’attuazione del Piano, ma dobbiamo correre. Quest’anno abbiamo speso solo 9,5 miliardi su 44. Se il Pnnr procede, nel 2025 il Pil potrebbe raggiungere anche l’un per cento». Per il governo Meloni – alle prese con una legge di Bilancio più restrittiva da un decennio – la faccenda sta assumendo contorni delicati”, si legge su La Stampa.

“Dal primo dicembre – il giorno in cui si insedierà la nuova Commissione europea – a vigilare sull’attuazione del piano italiano ci sarà il ministro che più di ogni altro se ne è occupato, Raffaele Fitto. E però Fitto ormai passa gran parte della settimana a Bruxelles, dove si sta preparando all’audizione davanti all’Europarlamento. Le voci di Palazzo raccontano che alcuni dei suoi collaboratori potrebbero raggiungerlo nella capitale belga, e nel frattempo Giorgia Meloni, presa da mille emergenze, non ha ancora deciso a chi affidare quelle deleghe. C’è chi sostiene la premier sia decisa a mantenere tutti i poteri di Fitto a Palazzo Chigi, affidandoli a uno dei fidi sottosegretari, Alfredo Mantovano o Giovanbattista Fazzolari. Altri vedono all’orizzonte uno spacchettamento fra i poteri di gestione del Pnrr e la responsabilità dei fondi ordinari di coesione, destinati in gran parte al Sud. Con una Finanziaria pressoché priva di investimenti pubblici aggiuntivi, per i partiti è l’occasione d’oro per contare di più. Fitto ha fatto sapere di essere contrarissimo all’ipotesi di più ministri o sottosegretari, ma la premier – visti i malumori d’autunno – potrebbe cedere alla tentazione di accontentare gli alleati.(…) Fin qui la contabilità ufficiale dice che oltre il sessanta per cento dei fondi effettivamente spesi sono andati al finanziamento dei superbonus e dei crediti d’imposta automatici. Un po’ poco per un piano che sulla carta dovrebbe contribuire alla modernizzazione del Paese. Per dirla con le parole del Fondo monetario, almeno le ciclabili sostengono la domanda interna. A Meloni restano due anni per poter vantarsi di ben altro, a meno che nel frattempo Fitto non riesca nel miracolo di convincere i Ventisette a quella proroga che Giancarlo Giorgetti auspica un giorno sì e l’altro pure”, continua il giornale.

IDROELETTRICO, STANGALINO (EDISON): “BLOCCARE CONCESSIONI A GRUPPI ESTERI”

Bisogna chiudere il mercato delle centrali idroelettriche ad altri operatori esteri. L’appello arriva da Marco Stangalino, direttore Power Asset di Edison, il quale in un’intervista a La Repubblica sottolinea che la scelta di legare la concessione dei fondi Pnrr anche alla messa a bando delle centrali idroelettriche “si fatica a spiegare dal punto di vista sia della strategia energetica nazionale sia della competitività del mercato”.

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“Non passi lo straniero. Parola di straniero. I francesi di Edison, da oltre un ventennio presenti in Italia, chiedono di non aprire il mercato delle centrali idroelettriche ad altri operatori esteri. L’occasione è quella dell’inaugurazione di una centrale termoelettrica Edison da 770 Megawatt in provincia di Caserta. Ma al di là delle celebrazioni, l’attacco della società controllata dalla francese Edf alle aste italiane per le concessioni idroelettriche è netto. La decisione, presa dal governo Draghi, di legare la concessione dei fondi Pnrr anche alla messa a bando delle centrali idroelettriche – dice Marco Stangalino, direttore Power Asset di Edison – è una mossa che «si fatica a spiegare dal punto di vista sia della strategia energetica nazionale sia della competitività del mercato. Significa sottovalutare l’importanza di asset estremamente strategici per l’autonomia della produzione elettrica italiana e la regolazione di una risorsa preziosa come l’acqua, dal momento che si sta aprendo all’ingresso di fondi di investimento ed operatori stranieri”, si legge su La Repubblica.

“Tra gli interessati si fanno i nomi del miliardario ceco Daniel Kretisnky, del fondo infrastrutturale australiano Macquaire, e della svizzera Bkw. Proprio Edison, così come A2A e l’associazione di categoria Elettricità Futura, hanno presentato ricorsi sulle concessioni, contestando in particolare gli indennizzi che verrebbero pagati agli operatori uscenti per le cosiddette “opere asciutte”, ossia i beni materiali che fanno capo alle centrali, e l’assenza di clausole di reciprocità con altri Paesi Ue. Anche l’Uncem, l’Unione dei Comuni montani, vede rischi «di una colonizzazione da tutto il mondo, con imprese che vengono a prendersi dighe e invasi nella fase di gara”, continua il giornale.

ENERGIA, RISCHIO SCISSIONE ELETTRICITA’ FUTURA SU VERTICE

“Il rischio spaccatura è concreto. E potrebbe realizzarsi già oggi, alla fine dell’assemblea di Elettricità Futura, l’associazione di categoria di Confindustria che oltre ai big del settore elettricità, da Enel ad A2a, passando per EniPlenitude e Sorgenia, raggruppa i grandi operatori delle rinnovabili. In testa Erg. Per sostituire l’attuale numero uno, Agostino Re Rebaudengo, circola il nome di Gianni Armani. Profilo che però non convince. Sia perché arriva dall’Enel sia perché considerato troppo vicino al governo (…) Gli operatori delle rinnovabili sono pronti a farsi una loro associazione fuori da Confindustria”, si legge su La Repubblica.



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