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Forlì – C’è un uomo, incavolato nero, originario della terra del Duce, che sta ossessivamente inseguendo la famiglia Bocchino per farsi ridare indietro un mucchio di soldi. Quest’uomo, nato a Predappio, ex consulente per le coop rosse, finanziatore di Italo Bocchino e della consorte Gabriella Buontempo per quattro miliardi di vecchie lire, da tempo prova a pignorare il pignorabile a casa del più finiano dei finiani. Forte di un provvedimento immediatamente esecutivo del tribunale di Forlì le ha tentate tutte. Ma per quattro volte, in sette mesi, l’ufficiale giudiziario non è riuscito a varcare l’uscio tuttora invalicabile essendo nel frattempo sopraggiunta una decisione di sospensiva che ha rimandato l’eventuale «esproprio» a data da destinarsi.
Quest’uomo che incontriamo in un hotel alle porte di Forlì, è Loris Bassini, finanziere d’assalto, noto alle cronache per aver gestito il rientro in Italia dei 22 miliardi spettanti al conte Vitali per la mediazione di Telekom Serbia oggetto di accertamenti della commissione d’inchiesta di cui faceva parte proprio Italo Bocchino. Che, per inciso, a nessuno dei colleghi commissari ha mai raccontato della sua frequentazione con Bassini grazie al quale ha salvato il suo vecchio giornale (il Roma) salvando pure la società della moglie (la casa cinematografica Goodtime). Quest’uomo batte cassa, batte i pugni sul tavolo, batte là dove duole il dente di Bocchino.
Signor Bassini, una raccomandazione: Italo Bocchino ha la querela facile, se non le dispiace accendiamo il registratore
«Accenda pure. Tanto la querela, Bocchino, non gliela fa. Perché noi facciamo parlare gli atti ufficiali (cenno d’assenso all’avvocato Silvia Masotti, seduta accanto, ndr)».
Da dove cominciamo?
«Dai quattro miliardi di finanziamenti che Bocchino e la moglie ottennero grazie a me. Il primo fu di un miliardo e 800 milioni di lire a Gabriella Buontempo la cui società cinematografica navigava in cattive acque. Mi feci convincere al prestito da Silvana Spina, un’amica comune, consulente nella mia Finbroker, che diventerà poi socia della Bocchino nella Goodtime ad affare avviato. Presi a frequentare con assiduità casa Bocchino a Roma, pranzi e cene. Successivamente l’onorevole mi chiede di fare un’altra operazione, di “salvataggio” del giornale Roma. Siccome non avevo più soldi, l’operazione da 2 miliardi e 400 milioni di lire venne fatta, tramite me, dalla finanziaria Finbrocker di San Marino, quella della mediazione del conte Vitali per Telekom Serbia».
Le somme sono state restituite?
«Che fa, sfotte? Nel 2001 feci un prestito alla Goodtime Enterprise di Gabriella Buontempo Sas per un miliardo e 850 milioni. Di questa somma, però, un miliardo e due lo erogai il 26 maggio 2001 con un assegno (vedi sotto, ndr). I soldi dovevano servire a ripianare il buco, non c’era certezza sui tempi della restituzione anche se la signora garantiva che aveva tanto lavoro con la Rai».
Il secondo finanziamento…
«Bocchino mi chiede di scontare un credito da due miliardi e rotti di lire vantante nei confronti della presidenza del Consiglio dei ministri per l’edizione del Roma. Gli dissi che non avevo più soldi ma che nella Finbroker c’erano quelli che il conte Vitali aveva trasferito dalla Svizzera a San Marino. Avevo questa fiduciaria, procedemmo con la cessione del credito, e facemmo questa operazione con la Spina, Bocchino e indirettamente con il conte Vitali, che sostiene di non aver ricevuto niente indietro».
Sta dicendo che Bocchino sapeva che quei soldi erano del protagonista di Telekom Serbia sul quale lo stesso Bocchino, insieme ai membri della commissione d’inchiesta, indagava?
«Ma certo!».
Stia attento che querela.
«Macché querela. Spieghi, piuttosto, come mai non si è ricordato di far presente ai colleghi commissari questa frequentazione “economica” con me e col conte Vitali. E se ha tempo provi a spiegare come mai la “sua” commissione ha convocato persino quel tal Igor Marini e non il sottoscritto, ascoltato ripetutamente dai magistrati. In un passaggio dell’ordinanza di Torino si dice che quando i giornali parlano della provvista di Vitali, Bocchino manda un fax alla Spina, socia della moglie, lamentandosi perché non le aveva detto nulla sulla provenienza dei soldi. Per i pm il fax era concordato, l’onorevole si voleva precostituire un alibi».
Nella sentenza d’archiviazione di Telekom Serbia, però, i giudici optano per la buona fede di Bocchino…
«Nella sentenza si dice anche che la Spina ha messo in contatto la famiglia Bocchino con il conte Vitali, il dominus dell’affaire sul quale Bocchino indagava in Parlamento».
Si calmi, Bassini. Torniamo ai prestiti
«Nel 2004 chiedo indietro i soldi del primo finanziamento ma nel 2005 vengo arrestato per una bancarotta. Un anno dopo torno alla carica ma mi accorgo che la signora Bocchino temporeggia».
In che senso?
«Prende tempo, non parla di soldi. Io ribadisco che la cifra è quella concordata ed erogata ma quando vado a tirare fuori le carte mi accorgo che sono andate disperse. Per una botta di culo tempo dopo ritrovo copia dell’assegno da un miliardo e due, grazie al quale il 28 aprile 2009 ottengo il decreto ingiuntivo. Così da maggio a dicembre di quell’anno tentiamo quattro pignoramenti (due verso la società della moglie di Bocchino, due contro la stessa signora) ma nessuno va in porto perché, a casa Bocchino, e presso la società, l’ufficiale giudiziario non riesce a entrare. E ancora. Nello stesso giorno in cui la prima raccomandata con il decreto ingiuntivo (8 maggio 2009) arriva a casa Bocchino, la società della Buontempo viene cancellata dal registro delle imprese! Una coincidenza stupefacente al pari dell’immediato cambio della sede della società appena cancellata. A dicembre 2009, falliti i tentativi, il tribunale di Forlì sconfessa un suo giudice che in precedenza aveva emesso il decreto e concede una sospensiva nell’esecuzione del pignoramento in attesa della sentenza. La motivazione si basa su questa tesi della Buontempo: sì, è vero che quell’assegno a firma Loris Bassini l’ho incassato ma i soldi li dovevo ridare alla Spina, che poi li doveva ridare a Bassini, quindi non li devo a Bassini. Capite la follia!?».
Finita?
«Macché. A un certo punto optiamo per il pignoramento di casa della signora Buontempo, che risulta usufruttuaria mentre l’onorevole è nudo proprietario. In via delle Tre Madonne, dove la Buontempo ha il domicilio, niente. Chiuso. Nella casa di corso Vittorio Emanuele la porta si apre… ».
E chi c’era dietro?
«Nessuno della famiglia Bocchino bensì il prefetto Vito Mattera, il quale dichiara di essere in affitto dalla Buontempo (pur risultando residente altrove!). Optiamo per il pignoramento presso terzi così che l’affitto il prefetto lo versa a noi.

A forza di rincorrere ovunque i Bocchino siamo riusciti a mettere un’ipoteca su una casetta in Abruzzo. Se vuole continuo… ».
No, no basta così
«Basta un corno. Ma lei capisce che rabbia mi sale dentro nel veder parlare di legalità a quello lì?».

 

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