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Che succede nella maggioranza? Quanto a lungo potrà durare un governo in queste condizioni? Con la premier Giorgia Meloni costretta a fare i conti con un Salvini che non perde occasione per segare il ramo dove lei siede e con un leader di Forza Italia commissariato da Marina Berlusconi, che ha invocato più diritti e libertà, bocciando il populismo estremista?

Sì, c’è da chiederselo, dopo che da un paio di settimane il tasso di guerriglia tra i partiti che reggono la baracca in Italia si è innalzato a dismisura. Con dispetti e incursioni della Lega su diversi fronti, con emendamenti infilati qui e là per scavalcare a destra Meloni, ignorati o respinti da Fratelli d’Italia e azzurri di Tajani.

L’ultimo colpo del Capitano, sul fronte più delicato, quello europeo: dove se la premier italiana siglerà un patto con Ursula Von Der Leyen per concederle i suoi voti nel Parlamento Ue, sarà un accordo consumato nel segreto dell’urna. Identificabile dall’esterno solo da un indizio: la caratura del commissario assegnato all’Italia. Ma non da troppe parole, poiché non conviene alle due leader sbandierare un’intesa foriera di tensioni per entrambe.

Il commento che crea imbarazzo

Tanto per capire: il 5 luglio nella chat dei fazzoletti verdi, Salvini ha diramato un commento entusiasta per salutare l’ingresso degli spagnoli di Vox nel nuovo gruppo dei Patrioti europei creato da Orban, iniziativa che infastidisce non poco Meloni nel suo ruolo di presidente dei conservatori Ecr.

Ben sapendo quanto perniciosa sia la trattativa che sta conducendo la premier in Europa per strappare una carta spendibile anche politicamente, ovvero la importante delega alla Concorrenza per l’Italia, dove verrebbe destinato Raffaele Fitto, il brindisi del Capitano suona come una provocazione: gioire per l’ingrossarsi, con la presenza di Vox, del «fronte del cambiamento in Europa, determinato a dire no a Von Der Leyen e ai socialisti» non è certo un gesto distensivo nei confronti di chi forse vorrebbe poter contare su una sponda degli alleati in questo tornante delicato per tutti.

Se per Salvini, «l’adesione di Vox è un segnale importantissimo», per Meloni invece, frequentatrice dei congressi di quel partito in Spagna, è un fattore di imbarazzo.

L’emendamento congelato

Nelle aule parlamentari di Camera e Senato la musica è perfino più stonata: un emendamento della Lega al ddl sicurezza presentato in commissione a Montecitorio proponeva lo scudo penale per gli agenti in servizio di ordine pubblico, che come si è visto dopo i fatti di Pisa sono finiti sotto procedimento.

Ma è stato congelato da Fdi e Forza Italia.

Anche la proposta della castrazione chimica per gli stupratori è stata cassata dagli azzurri e dai Fratelli d’Italia; idem per il carcere per le donne incinte o con bebè richiesto a firma del Carroccio: niente da fare, Forza Italia ha dichiarato che non lo voterà e la proposta è in stand by. E ancora: Forza Italia voterà a favore della legge Giachetti che innalza il bonus di buona condotta per i detenuti da 45 a 60 giorni. Insomma, tra slanci di garantismo e di giustizialismo, è un caos.

Armi all’Ucraina

Ma ci sono questioni anche più gravi: Salvini ha dichiarato che la Lega «non voterà più per l’invio di armi all’Ucraina se non avessimo la certezza, assoluta e verificabile, che non possano essere usate per bombardare e uccidere in territorio russo».

Immaginabile quanto abbia fatto piacere al ministro della Difesa, Guido Crosetto questo chiaro avviso interpretabile in un senso ancora più largo. Quindi, se circola voce che Giorgia Meloni possa sfoderare l’arma di elezioni anticipate per regolare i conti e bloccare questo continuo logoramento, vuol dire che la misura comincia a essere colma.

L’intermerata contro Mattarella

L’ultima botta che ha fatto tremare i palazzi, l’intemerata di Matteo Salvini contro il presidente della Repubblica Mattarella sulla «dittatura delle minoranze», è stata subito rintuzzata dalla premier, visto il nervo ultrasensibile dei rapporti tra governo e Quirinale, in epoca di grandi riforme e di un ok del Colle atteso per ognuna di esse, almeno sul piano formale.

«Ma lui cosa vuole fare?», si chiedono sgomenti in questi giorni senatori e deputati della maggioranza tra un caffè e l’altro. Domanda non peregrina. —

 

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