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La protezione dei lavoratori dai rischi derivanti da… #finsubito prestito immediato


E’ la sicurezza dei luoghi di lavoro di cui agli articoli 63 e 64 del D. Lgs. n. 81/2008 l’argomento al centro di questa sentenza della Corte di Cassazione in quanto la stessa ha riguardato un infortunio accaduto a una lavoratore che, mentre si stava recando a trovare nell’azienda una sua collega, è stato investito da un carrello elevatore in transito. Per l’evento infortunistico era stata condannata dal Tribunale, con sentenza poi confermata dalla Corte di Appello, una socia della società di gestione dell’azienda, in qualità di datore di lavoro e di responsabile del servizio di prevenzione e protezione accusato di non avere distinto con opportuna segnaletica orizzontale o idonei sistemi di delimitazione (catenella, ecc.) le vie di percorso destinate ai pedoni da quelle di passaggio dei mezzi in transito, avendo invece basata la sua difesa sul fatto che anche se ci fossero state delle strisce sulla pavimentazione l’incidente sarebbe comunque accaduto perché dovuto alla disattenzione del lavoratore investito per essersi improvvisamente “girato” e sulla inesistenza altresì di un nesso fra le carenze di segnalazione contestate e il fatto accaduto.

 

La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso presentato dall’imputata sostenendo che il responsabile della sicurezza sul lavoro, che ha negligentemente omesso di attivarsi per impedire l’evento, non può invocare, quale causa di esenzione dalla colpa, l’errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse disattenzioni, imprudenze o disubbidienze, purché connesse allo svolgimento dell’attività lavorativa.

 

Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni.

La Corte di Appello, in parziale riforma della sentenza con cui il Tribunale, all’esito del dibattimento, aveva riconosciuta la socia di una società responsabile, in qualità di datore di lavoro, del reato di lesioni colpose, con violazione della disciplina antinfortunistica, in conseguenza condannandola alla pena stimata di giustizia, condizionalmente sospesa, oltre che al risarcimento dei danni, in forma generica, in favore della parte civile con assegnazione alla stessa di somma a titolo di provvisionale, ha riconosciuto il beneficio della non menzione della condanna confermando il resto.

 

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Come ricostruito dai giudici di merito, all’interno dell’azienda della società si era verificato un infortunio sul lavoro a seguito del quale un operaio dipendente di una società interinale destinato alla società stessa, ha riportato la frattura di una gamba, che ha determinato la sua assenza dal lavoro per 63 giorni, a seguito dell’investimento da parte di un carrello elevatore avvenuto mentre lo stesso percorreva a piedi il “corridoio” in una zona del capannone destinata allo stoccaggio della merce. Era emerso, dalle testimonianze e dalle fotografie, che l’area ove era accaduto l’incidente era priva di indicazioni (cartelli o segnaletica orizzontale) o di delimitazioni (catenelle etc.) circa gli spazi da destinare al transito dei mezzi meccanici e quelli destinati, invece, al passaggio dei pedoni. Nel corso dell’istruttoria era stato discusso circa la presenza o meno di strisce a terra delimitanti l’area di transito di mezzi, presenza esclusa dalla maggior parte dei testimoni mentre secondo un’altra ricostruzione, sostenuta anche dall’imputata, le strisce, già presenti, erano sbiadite.

 

L’imputata era stata è ritenuta responsabile dell’accaduto, in qualità di datore di lavoro e di responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’azienda, in ragione della omessa, ovvero inadeguata, delimitazione degli spazi destinati alla marcia dei mezzi rispetto a quelli destinati al transito dei pedoni, e ciò nonostante che il rischio di contatto tra uomini e veicoli fosse enunciato espressamente nel documento di valutazione dei rischi aziendali. I giudici di merito avevano anche esclusa espressamente l’abnormità della condotta del lavoratore infortunato.

 

La difesa dell’imputata è ricorsa alla Corte di Cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza e affidandosi ad alcune motivazioni con le quali ha denunziato difetto di motivazione e violazione di legge. La stessa ha affermato innanzitutto che l’assenza di strisce a terra sarebbe stata affermata soltanto dalla parte civile e da un teste della cui attendibilità si avrebbe serio motivo di dubitare, per un duplice ordine di ragioni, il primo perché aveva un interesse economico e il secondo perché, essendo stato licenziato ed avendo un contenzioso, documentalmente comprovato, non poteva essere definito teste neutro e indifferente all’esito del processo; altri testimoni, infatti, giudicati dalla difesa maggiormente credibili, avevano confermata la presenza di strisce, seppure sbiadite. La vittima inoltre, come dalla stessa dichiarato in udienza, lavorava in azienda da circa cinque anni e, quindi, conosceva bene i luoghi.

 

Come secondo motivo la difesa ha censurata la violazione degli artt. 40 e 590 cod. pen. e 63, 64 e 68 del D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, per avere erroneamente ritenuto sussistente il nesso di causalità tra la contestata mancanza di segnaletica ed il sinistro. Poiché la stessa Corte di Appello ha dato atto che non è stata chiarita in termini puntuali la dinamica del sinistro, la sola circostanza che l’urto fosse avvenuto nell’area di transito di per sé non poteva determinare la responsabilità del datore di lavoro, non essendo la stessa di tipo oggettivo.

 

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La Corte di Appello, inoltre, avrebbe trascurato che, essendo stato il lavoratore infortunato destinato ad una postazione di lavoro, in sicurezza, presso un tavolo per la soffiatura della valvole, è stato lo stesso ad avere dichiarato di essersi allontanato per raggiungere un collega transitando scientemente nella zona dove poi è avvenuto il fatto, ignorando sia i lampeggianti che la luce del mezzo, entrambi dispositivi in funzione, addirittura camminando all’indietro; e sarebbe stato anche trascurata la rilevanza della distrazione di colui che conduceva il muletto. Cosicché, anche ipotizzando la presenza di strisce a terra o cartelli o catenelle, in ogni caso il lavoratore, abbandonando la postazione di lavoro, si sarebbe diretto dal collega passando in quel tratto e ignorando le luci ed i suoni del muletto.

 

Peraltro, nel caso in esame, non era stato tenuto conto del principio di autoresponsabilità del lavoratore, affermato in giurisprudenza, secondo un modello “collaborativo” con l’abbandono del precedente modello “iper-protettivo” e inoltre non era stato tenuto conto del fatto che l’agire della vittima era stato abnorme e, dunque, interruttivo del nesso di causalità.

 

Oggetto dell’ultimo motivo del ricorso è stato il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, chieste in appello, in violazione degli artt. 62-bis e 133 cod. pen., non essendosi tenuto conto né della incensuratezza dell’imputata né che la ditta fosse in regola con le disposizioni in tema di sicurezza né che avesse corrisposto alla parte civile quanto liquidato.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione.

Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato dalla Corte di Cassazione. Con riferimento all’assenza per terra delle strisce la suprema Corte ha evidenziato che in entrambi i gradi di giudizio sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano chiarito nelle loro sentenza che, anche se le strisce a terra ci fossero state ma si fossero poi cancellate fino praticamente a scomparire, come avevano sostenuto più testi, tra cui l’ufficiale di polizia giudiziaria intervenuto, e persino l’imputata, emergerebbe comunque la colpa del datore di lavoro. Il Tribunale in merito aveva già efficacemente scritto nella sua sentenza che non si apprezza la differenza tra striscia mancante e striscia non visibile perché cancellata.

 

Con riferimento poi al nesso di causalità tra la contestata mancanza di segnaletica ed il sinistro ritenuto insussistente da parte della difesa la suprema Corte ha ricordato che “Il responsabile della sicurezza sul lavoro, che ha negligentemente omesso di attivarsi per impedire l’evento, non può invocare, quale causa di esenzione dalla colpa, l’errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse disattenzioni, imprudenze o disubbidienze, purché connesse allo svolgimento dell’attività lavorativa”.

 

I giudici di merito, infine, secondo la Sez. IV, avevano escluso, con motivazione logica e congrua,  che nel caso in esame il lavoratore avesse posto in essere una condotta abnorme e anche se il fatto fosse avvenuto perché la vittima si fosse improvvisamente “girata”, si sarebbe comunque in presenza di imprudenza prevedibile e quindi da tenere doverosamente in considerazione da parte del soggetto gestore del rischio.

 

Essendo stato, in conclusione, ritenuto il ricorso inammissibile e non ravvisandosi ex art. 616 cod. proc. pen. assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Costituzionale, sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000), alla declaratoria di inammissibilità la Corte di Cassazione ha fatto seguire la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende nonché alla rifusione alla parte civile delle spese del giudizio di legittimità liquidate in 3.000 euro oltre accessori come per legge se dovuti.

 

 

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Gerardo Porreca

 

 

Corte di Cassazione Sezione IV penale – Sentenza n. 35714 del 24 settembre 2024 (u. p. 29 maggio 2024) –  Pres. Dovere  – Est. Cenci – Ric. omissis.  – Il responsabile della sicurezza sul lavoro, che ha omesso di attivarsi per impedire l’evento, non può invocare, quale causa di esenzione dalla colpa, l’errore sulla legittima aspettativa che non si verifichino condotte imprudenti da parte dei lavoratori.



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