VIGEVANO. Per l’inchiesta sul progetto Shoe style lab c’è un indagato, è Massimo Boccalari, presidente di Ast fino alla messa in liquidazione del consorzio. L’ipotesi di reato è distrazione di fondi pubblici. Lo Shoe style lab è il laboratorio nella mascalcia del castello per la progettazione e la realizzazione di scarpe. Per realizzarlo, Ast ha chiesto soldi al Comune e un finanziamento alla Fondazione Telecom, che ha staccato un primo assegno ma aspettava la rendicontazione per erogare l’ultimo. Quella rendicontazione però non è mai arrivata e la Fondazione Telecom si è rivolta al Comune, che ha chiesto i documenti ad Ast, ma nel frattempo il consorzio era stata messo in liquidazione, a causa dei debiti, e quindi non poteva rendicontare le spese.
Nasce da qui l’ipotesi di reato su cui sta indagando la tenenza di Vigevano della Guardia di Finanza, i cui militari il 4 aprile si sono presentati a palazzo Roncalli, in via del Popolo, per sequestrare i documenti relativi alle attività di Ast. I finanzieri vogliono accertare come Ast ha usato i fondi arrivati da Comune e Fondazione Telecom Italia. «Non ho nulla da dire – spiega Boccalari, al vertice di Ast dal gennaio 2016 – non mi risulta di essere indagato».
Boccalari, 51 anni, candidato alle amministrative del 2015 nella lista civica “La strada verso Milano”, nel luglio 2016 è tornato nella Lega Nord. Dal 2 ottobre 2017 ricopre l’incarico di capo staff del sindaco, tramite un provvedimento “intuitu personae” di Andrea Sala che ha portato alla sottoscrizione di un contratto a tempo determinato, fino alla conclusione della consiliatura. Per tale incarico, al quale erano candidati 13 pretendenti, Boccalari riceve una retribuzione che supera i 27mila euro lordi, più 3mila euro di indennità annuale.
Ast è stata posta in liquidazione dall’amministrazione Sala, operazione affidata alla commercialista Emilia Niboldi nel settembre 2016, ma il ramo d’azienda della formazione è passato alla Fondazione Roncalli, e con esso anche tre dipendenti di Ast. Tutti i progetti dovevano passare invece alla Fondazione Castello, che però ancora non esiste. La liquidatrice Niboldi ha spiegato alla commissione consiliare nel settembre 2017 che, tolti i finanziamenti Cariplo non ancora arrivati e il pagamento dei fornitori che accetterebbero un’ipotesi di “saldo e stralcio” (ovvero una cifra inferiore al dovuto pur di chiudere qui la questione, ndr), rimarrebbero tra i 250mila e 300mila euro di debiti da saldare. E i debiti toccano ai consorziati, a cominciare dal Comune.
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