Dopo il parere contrario in Commissione Bilancio, anche la Camera ha respinto l’autorizzazione alla ratifica del Mes. I voti a favore sono stati 72, i contrari 184 e 44 gli astenuti. La maggioranza si è divisa sul voto: FdI e Lega hanno votato contro, mentre Forza Italia e Noi moderati si sono astenuti. Favorevoli alla ratifica le opposizioni, tranne il Movimento 5 Stelle. Viene bloccato così qualunque prospettiva di ratifica del Meccanismo europeo di stabilità da parte dell’Italia. E ora cosa succede? Le conseguenze sono sia di natura politica che pratica.
Le conseguenze politiche
Per entrare in vigore, le modifiche al Meccanismo europeo di stabilità devono essere recepite da tutti i venti membri dell’area euro. Diciannove Paesi hanno provveduto alla ratifica, l’Italia è l’unico a non averlo fatto. Indipendentemente dalle scelte politiche interne, il nostro Paese crea un problema agli altri. Il presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe, lo aveva messo in chiaro nel mese di giugno: “Rispetto assolutamente e posso capire il punto di vista del governo italiano se dice che non vuole accedere. Ma la ratifica del trattato consentirà che il maggior potere del Mes sia messo a disposizione di altri Paesi – aveva puntualizzato –, che potrebbero invece decidere di volersene avvalere nel futuro. Mi auguro che questo potrà essere considerato all’interno del dibattito italiano”.
Le conseguenze pratiche
Dal punto di vista pratico, lo stallo impedisce che i Paesi possano avvalersi del Fondo salva-Stati in versione emandata in caso di difficoltà. In particolare, viene bloccato il paracadute finale (backstop) del Fondo Unico di Risoluzione delle banche, destinato ai membri dell’area euro qualora i loro fondi nazionali per le risoluzioni bancarie (risorse degli istituti di credito e non pubblici) non siano sufficienti. Questo per consentire un fallimento ordinato (mantenendo l’operatività dei clienti) in caso di crisi bancarie.
Il segretario del Mes, Pierre Gramegna, ha ricordato che su questo fronte c’è una scadenza pratica. A fine dicembre 2023, infatti, termina il periodo transitorio in cui il Fondo Unico di Risoluzione (che di default è alimentato dai contributi delle banche europee) è stato anche sostenuto attraverso linee dei credito dei Paesi stessi. Si è tratta di una sorta di contributo supplementare al Fondo in attesa della definitiva entrata in vigore del backstop previsto con la riforma del Mes. Dopo la bocciatura, per i Paesi le opzioni sono due: prolungare il periodo transitorio attraverso un nuovo accordo, o lasciare senza paracadute finale le banche europee.
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