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di Andrea Zhok*

Anche questa notte Israele si è esibito nella sua specialità militare: il bombardamento di aree urbane inermi.

Anche questa notte sono crollati caseggiati e sono morte decine di civili che non avevano voluto o non avevano potuto lasciare Beirut (perché secondo la dottrina di ingaggio israeliana chiunque capiti nei pressi di un soggetto che si presume ostile ad Israele diviene automaticamente una salma in fieri.)

Visto che l’unico attacco iraniano di risposta ad Israele non risulta aver fatto nessuna vittima civile, giustamente sulle prime pagine fotocopia di Stampa, Corriere e Repubblica con riferimento al Medio Oriente compare soltanto la pensosa riflessione circa il consenso americano a bombardare i pozzi di petrolio iraniano (“Quando ci vuole, ci vuole…”).
Israele pare aver fretta di ridurre anche Beirut come Gaza, dove l’ultimo bollettino dava l’80% delle abitazioni distrutte o inagibili, 1,9 milioni di persone sfollate, 41.788 morti e 96.794 feriti.
Ieri l’Iran ha rilasciato l’ennesimo comunicato in cui spiega molto chiaramente di non volere una guerra regionale e che in assenza di ulteriori provocazioni non ci saranno altri attacchi su suolo israeliano.
Ma nonostante la moderatezza della risposta iraniana è evidente che un rilancio da parte israeliana avverrà, perché la dirigenza israeliana una guerra regionale totale la vuole.
Al di là dei mugugni americani di facciata, Israele sa infatti che qualunque amministrazione USA gli farà comunque da Bancomat illimitato quanto ad armi e denari. E con cotanto guardiaspalle il progetto della Grande Israele è dietro l’angolo.
A meno che ad essere destabilizzato non sia proprio il Bancomat.
Insieme all’atteggiamento russo, è infatti questa – la capacità americana di fare da Bancomat senza limiti di spesa alle sue proxies – la più rilevante variabile in questo momento sullo scenario mediorientale (e anzi mondiale).
Così, ad esempio, accade che, in concomitanza con i gioviali bombardamenti quotidiani dell’IDF, negli USA la North Carolina stia subendo un’alluvione catastrofica, con l’amministrazione federale che si distingue per la sua latitanza. La FEMA (Federal Emergency Management Agency; la Protezione Civile americana) finora sembra mancare degli effettivi e delle risorse per intervenire in modo significativo a una settimana dall’alluvione. Come si direbbe nel Belpaese: “La coperta è corta e avete vissuto al di sopra delle vostre possibilità, pezzenti.”
Ma non sono poche le voci dall’interno degli USA che si chiedono com’è che nelle stesse ore in cui ad Israele veniva concesso l’ennesimo finanziamento di 8,7 miliardi di dollari a perdere a sostegno della sua campagna militare, la FEMA lamentasse la mancanza di risorse.
Nel momento in cui gli USA dovessero iniziare a percepire che la propria proiezione di impero mondiale costa più di quello che rende, un po’ di canali di irrigazione di politici, giornali ed eserciti compiacenti in giro per il mondo potrebbero seccarsi.
E una nuova epoca busserebbe alla porta.

*Post Facebook del 5 ottobre 2024

 

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