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Dal 1° settembre 2023 sono entrati in vigore i nuovi accordi territoriali, prima a Modena e poi, a seguire, nel resto della provincia. Siamo quindi a un anno di applicazione, la prima occasione per stilare un bilancio dei risultati ottenuti e nel contempo per fare il punto sul tema dell’affitto nella nostra realtà.

Gli accordi territoriali sulla casa, sono lo strumento che consente ai proprietari di accedere al regime della cedolare secca e quindi di fruire dell’imposta sostitutiva al 10% rispetto al 21% dei contratti a canone libero, oltre ad aliquote IMU agevolate. Per gli inquilini, invece, il vantaggio è sul costo dell’affitto: a Modena, per i nuovi contratti del 2023, ad esempio, la media degli affitti a canone libero è di 823 euro mensili, mentre il costo medio del canone concordato è di 519 euro.

Non solo, quelli a canone concordato, a Modena città, sono nettamente la maggioranza dei nuovi contratti siglati nel corso del 2023. Rappresentano già il 56,5 % dei 3343 contratti registrati in totale, e si tratta una tendenza per altro in ulteriore crescita: da dati interni delle Organizzazioni firmatarie, infatti, sempre a Modena città i contratti a canone concordato nei primi otto mesi del 2024 sono in costante aumento, tanto da prevedere di arrivare a fine anno a coprire i 2/3 dei nuovi contratti abitativi’ . Previsioni e considerazioni emerse oggi alla presentazione di bilancio di attività. aggiornato al 2023 da parte dei rappresentanti delle organizzazione del settore; Asppi, Francesco Lamandini; UPPI, Lorenzo Cottignoli; ASSOCASA, Massimiliano Uccelli; FEDERCASA-CONFSAL, Rosario Maragò; SICET-CISL, Eugenia Cella; SUNIA-CGIL, Marcello Beccati; UNIAT-UIL, Patrizia Pedretti; CONFABITARE, Maria Femminella; CONFAPPI, Raffaele Vosino; CONFEDILIZIA, Francesco Bruini.

‘In questi ultimi mesi, a livello locale e nazionale, il tema casa è stato giustamente al centro dell’attenzione dei media: abbiamo letto molti articoli sul tema dei costi della locazione abitativa’ -hanno affermato. ‘Abbiamo ascoltato servizi sulla diffusione di locazione di mini stanze di 9 mq. Sono state lanciate grida d’allarme sulla proliferazione degli affitti brevi per turisti, e contemporaneamente allarmi per la mancanza di alloggi per lavoratori come insegnanti, poliziotti, autisti e personale sanitario. Aggiungiamo noi, che il problema riguarda certamente queste categorie, ma anche molte famiglie su tutto il territorio provinciale.

Crediamo quindi importante impostare un ragionamento ampio sul tema dell’affitto partendo, secondo noi, dalla questione centrale: la scarsità di alloggi, di case nuove o riqualificate, da acquistare o affittare a prezzi ragionevoli. A Modena in particolare possiamo dire che sono quarant’anni che non si costruisce a sufficienza. Questo, oltre che portare troppe famiglie fuori Modena, ha impedito anche di preparare risposte adeguate al successo di politiche di espansione economica, turistica e universitaria che si sono concretizzate in questi ultimi dieci anni.

Non a caso, questa cronica carenza di alloggi negli ultimi anni a Modena si accompagna a un forte aumento della domanda di locazione. I fattori sono diversi: abbiamo detto delle esigenze dei lavoratori provenienti da altre realtà; poi ci sono le motivazioni economiche, in quanto sono sempre meno le persone/famiglie che hanno la possibilità di acquistare casa; ma ci sono anche nuove motivazioni, culturali e generazionali, che inducono tanti a preferire l’affitto.
In sintesi: immigrati, studenti universitari, turisti, lavoratori transitori con redditi medi, tecnici e dirigenti, loro malgrado hanno gonfiato la domanda di affitto a Modena, senza che siano state costruite nuove abitazioni per la locazione.

Da decenni, poi, mancano politiche nazionali attive per la casa, a parte, appunto, i contratti a canone concordato introdotti nel 1998 e l’applicazione della cedolare secca al 10% del 2014. Ci sono poi misure di fatto transitorie come il Fondo nazionale per l’affitto, sempre sottodimensionato quando non assente. Il Fondo regionale è un’iniziativa lodevole, ma del tutto insufficiente a rispondere alle esigenze di persone e famiglie.

Infine non dimentichiamo il carico fiscale dell’IMU. Un’imposta pensata per legare la spesa comunale al territorio è diventata una sorta di patrimoniale, per di più rigida, senza più nessuna possibilità di costruire politiche fiscali, al punto che nemmeno con i cambi di maggioranza vediamo modifiche alle aliquote. E addirittura una parte (il 7 per mille dei capannoni, categoria D) viene dirottata a Roma per la fiscalità generale. Ormai siamo al punto che tanti comuni non differenziano le aliquote nemmeno più tra alloggi sfitti, alloggi locati a canone libero o a canone concordato. Non differenziano tra locali commerciali in zone attrattive e altri in zone prive di interesse.
Il tema casa è quindi delicato e complesso, e va affrontato ponendosi obiettivi a breve termine e a lungo termine. Le nostre organizzazioni hanno fatto uno sforzo importante per rendere lo strumento dei canoni concordati sempre più aggiornato e snello, ma in assenza di adeguate politiche nazionali e locali le soluzioni messe in campo rischiano di risultare sempre inadeguate.
Sulla casa, sempre più, serve uno sforzo comune’ – chiudono i rappresentanti delle associazioni.

 

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